“Se può sopravvivere nello spazio, il più difficile degli ambienti dal punto di vista degli sbalzi di temperature, delle radiazioni ionizzanti e dinumerosi altri fattori, allora possiamo essere sicuri che funzionerà bene anche sulla Terra”. Così, Jud Ready, un ingegnere del Georgia Tech Research Institute (GTRI), presenta gli ultimi progressi tecnologici raggiunti con il fotovoltaico in CZTS.
La sigla sta per solfuro di rame, zinco e stagno, un sandwich sottilissimo di semiconduttori connessi fra loro all’interno della cella solare. Economica da produrre e facile da smaltire, questa tipologia di fotovoltaico a film sottile fa tuttavia fatica a raggiungere la competitività con il più tradizionale silicio. Ad oggi l’efficienza più alta ottenuta con una cella di 2 cm2 d’ampiezza è di solo 7,6%.
Migliorarne le prestazioni è divenuto però il pallino di Ready e del suo team di ricercatori che, nei laboratori del GTRI, hanno creato il primo assorbitore luminoso in 3D per il fotovoltaico CZTS. La trappola tridimensionale, costruita dagli ingegneri, è composta da minuscole torri di nanotubi e un materiale fotoassorbente che cattura la luce del sole da tutte le angolazioni.
La nuova struttura sarà testata a gravità zero a bordo della Stazione Spaziale Internazionale (ISS). Un modulo sperimentale contenente diciotto celle di prova è stato lanciato verso l’ISS il 18 luglio, e sarà installato sulla parte esterna della stazione con l’intenzione di studiare le prestazioni del pannello e la sua capacità di sopportare il rigido ambiente spaziale. La capacità del fotovoltaico 3D potrebbe rivelarsi particolarmente importante sulla Stazione Spaziale Internazionale, esposta ogni giorno a 15-16 albe e tramonti durante la sua orbita attorno alla Terra. Le nano torri possono, infatti, sfruttare i raggi del sole per periodi più lunghi rispetto ai convenzionali design piatti che funzionano in maniera più efficiente, invece, solo quando il sole è allo zenit. Inoltre i materiali mostrano una buona resistenza alle radiazioni ionizzanti.